Il 2014 si apre all’insegna della moderazione. La crescita economica mondiale si preannuncia modesta (ma pur sempre in miglioramento rispetto al 2013), i prezzi appaiono sotto controllo ma nei Paesi più sviluppati – e in Europa in particolare – c’è preoccupazione per l’elevata disoccupazione che caratterizza alcune aree: sia per gli effetti depressivi sui consumi, sia per i rischi che comporta sul piano politico e sociale.
In questo scenario base “moderato”, quali elementi possono mutare il quadro in senso positivo o negativo? Tra i primi, qualche speranza è riposta nel riavvio del ciclo degli investimenti aziendali: si ipotizza che parte dei macchinari e degli impianti siano ormai prossimi ad una fase di obsolescenza tecnologica, e ciò potrebbe spingere le imprese a reinvestire i profitti in vista di un rilancio della domanda. Dal lato negativo, i maggiori rischi appaiono concentrati nella difficile transizione dalla politica monetaria ultra espansiva perseguita dalle banche centrali negli anni della crisi ad una situazione di maggiore normalità. Probabilmente, nel 2014 molto dipenderà dalle capacità comunicative delle autorità monetarie nel guidare e graduare le attese degli investitori, cercando di evitare fibrillazioni come quelle avvenute nell’estate dello scorso anno.
Moderazione sembra essere la parola d’ordine anche nelle previsioni dei rendimenti per il 2014. Questo vale in modo particolare per il mercato obbligazionario, il cui andamento dipenderà in modo cruciale dall’evoluzione dei tassi d’interesse nelle varie aree geografiche. Lo scenario base è quello di una politica monetaria estremamente cauta, che cercherà di mantenere quanto più possibile stabili i tassi d’interesse: perciò ci si aspetta un 2014 piuttosto piatto per gli investimenti obbligazionari a minor rischio. La ricerca di rendimento sembra quindi doversi indirizzare verso segmenti considerati a maggior rischio, tra cui i titoli di Stato dell’euro-periferia, sui quali si sono diretti recentemente flussi di investimenti esteri. Il segmento high yield che sta beneficiando di tassi insolitamente bassi che non sembraro remunerare in modo adeguato il relativo rischio.
Confrontato al reddito fisso, il mercato azionario appare al momento caratterizzato da un migliore profilo di rendimento atteso corretto per il rischio. Gli Stati Uniti proseguono nel ruolo di mercato guida e mostrano ancora un buon potenziale di crescita se continueranno a migliorare gli utili aziendali, di contro, gli indici azionari sono sui massimi storici. Si tratta di un mercato difficile da escludere dai portafogli al momento, ma anche da affrontare con una certa cautela tattica.
L’Europa è ancora divisa tra Paesi investiti in pieno dalla crisi e aree che sembrano aver superato relativamente indenni le difficoltà. La ripresa del ciclo economico dovrebbe offrire qualche supporto, soprattutto ai settori industriali e manifatturieri, mentre potrebbe rivelarsi un anno imprevedibile (in positivo?) per i titoli bancari, chiamati agli esami da parte della BCE in vista dell’avvio della vigilanza europea. I mercati europei, e in particolare Spagna e Italia, appaiono comunque i più interessanti soprattutto per i primi mesi dell’anno.
L’andamento del Giappone dipende in modo cruciale dal successo dell’Abenomics: la possibile uscita dalla prolungata deflazione avrà presumibilmente effetti positivi e negativi non semplici da prevedere: prevediamo un primo semestre moderatamente positivo e ottime potenzialità per la seconda parte dell’anno. Infine, per quanto riguarda i mercati emergenti, molti di essi sono stati penalizzati negli ultimi mesi da flussi di investimenti esteri in uscita e dalle attese di crescita dei tassi d’interesse: oggi si tratta di investimenti caratterizzati da una tendenza negativa, da tenere però sotto controllo per identificare eventuali punti di svolta.