In un mondo di rendimenti negativi sugli strumenti di breve, l’onda d’urto prodotta dal referendum sulla Brexit ha reso ancora più complicata la gestione della liquidità. Nella scelta degli strumenti occorre considerare anche i rischi che sono stati esacerbati dall’effetto Brexit, come il rischio valutario, e non solo.
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D’altronde, una modesta esposizione ai rischi attuali può essere anche un’opportunità per ottenere un po’ di rendimento. «Se non si vuole assumere un rischio di duration su strumenti a lungo termine, si può provare con i titoli obbligazionari corporate, che offrono rendimenti bassi, ma ancora positivi», osserva Francesca Cerminara, responsabile Bond e Valute di Zenit Sgr. Altrimenti, scendendo su classi di rating inferiori si trovano ritorni più interessanti, con un’esposizione al rischio emittente. «Un mix tra strumenti governativi e corporate potrebbe essere accompagnato da un po’ di rischio valutario, che aiuta a ottenere rendimenti positivi su scadenze brevi. L’ideale è restare sul dollaro perché gli effetti più importanti della Brexit si vedranno in Europa, mentre è la sterlina la valuta più insidiosa, perché le vere patate bollenti sul dossier dell’uscita dalla Ue si cominceranno a vedere da qui in avanti e l’incertezza è in assoluto il fattore che pesa di più sui movimenti valutari», spiega Cerminara. Qµanto invece al rischio tasso, «al momento in Europa non è così elevato, perché la prospettiva che la Bce innalzi i tassi nei prossimi anni è pari allo zero. Anche sulle scadenze mediolunghe, vediamo che la componente di term premium (cioè il premio per la duration, ndr) è sempre più schiacciata, perché c’è un forte appetito per detenere scadenze maggiori, visto che quelle inferiori sono negative», aggiunge Cerminara.
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