Secondo un recente sondaggio condotto da Nielsen, il 74% degli intervistati dichiara di apprezzare la possibilità di connettersi ovunque e in qualunque momento, e il 70% sostiene che il proprio device mobile gli abbia cambiato la vita in meglio.
Ma quali “telefonini”?
Chiamarli “telefonini” ormai è riduttivo (oltre a non essere per niente “in”). Negli ultimi anni i nostri smartphone si sono evoluti talmente tanto da aver ridimensionato la funzione di mero strumento di comunicazione – chiamate e messaggi, per intenderci – per fare spazio a una miriade di altre possibilità. Oggi dallo smartphone – o da qualsiasi dispositivo mobile – si può cercare qualunque informazione, confrontare diversi prodotti, trovare la strada più rapida per recarsi in un certo negozio, controllare gli orari di apertura… Ma soprattutto, si può fare shopping semplicemente facendo correre le dita sullo schermo. Allo stesso modo è possibile controllare i movimenti del conto corrente, pagare le bollette, fare trasferimenti di denaro e, perché no, comporre un portafoglio di investimento comprando prodotti online e tenere monitorato il suo andamento.
Secondo un recente sondaggio condotto da Nielsen, intitolato Nielsen Mobile Shopping, Banking and Payment Survey, il 74% degli intervistati dichiara di apprezzare la possibilità di connettersi ovunque e in qualunque momento e il 70% sostiene che il proprio device mobile gli abbia cambiato la vita in meglio.
“Il commercio da mobile ha enormi implicazioni sull’intero ecosistema retail”, osserva Stuart Tagg, Financial Services Leader di Nielsen Europe. “I dispositivi mobile come gli smartphone portano nuovi consumatori nel mondo moderno e interconnesso, ma soprattutto rendono possibile un’esperienza molto più personalizzata: grazie ai dati disponibili online infatti, prodotti e servizi possono essere ‘ritagliati su misura’ in base a comportamenti, bisogni e preferenze individuali”.
Dallo shopping alla gestione delle proprie finanze in mobilità
Secondo l’indagine, che ha coinvolto 30mila utenti online in 63 Paesi, oltre la metà degli intervistati a livello globale utilizza il proprio dispositivo mobile per confrontare i prezzi (53%) o cercare informazioni sui prodotti (52%), mentre il 38% dice di aver fatto almeno un acquisto da smartphone o tablet negli ultimi 6 mesi – in tutti i casi la regione Asia Pacifico è nettamente in testa.
E con la crescita dello shopping da mobile, aumenta anche il ricorso a strumenti digitali per monitorare le spese e gestire le proprie finanze, seppur con differenze significative a seconda della regone, della fascia d’età e delle tipologie di operazioni.
Ad esempio, accedere al conto corrente e pagare le bollette da mobile sono entrambe attività piuttosto comuni: nell’ultimo semestre lo ha fatto rispettivamente il 47% e il 42% degli intervistati, e le percentuali salgono al 53% e al 46% se si chiede di dichiarare le intenzioni a riguardo per i prossimi sei mesi.
Meno frequente invece ricorrere a smartphone e tablet per movimentare somme di denaro (36% negli ultimi sei mesi) o per depositare assegni (10%).
A livello geografico, tra i Paesi con i tassi più alti di partecipazione alle attività di mobile banking troviamo alcuni mercati in via di sviluppo, come Cina, Sudafrica, Venezuela e India, ma anche alcuni mercati più maturi, come per esempio la Svezia.
Quanto all’età degli intervistati, non sorprende constatare che i Millennials (21-34 anni) si dichiarino i più aperti alla gestione delle proprie finanze da mobile. Seguono a stretto giro la cosiddetta Generazione Z (15-20 anni) e la Generazione X (35-49).
Ma quali sono le principali barriere a un ricorso più massivo ai dispositivi mobile per svolgere le attività bancarie e gestire i propri risparmi? I timori sulla sicurezza la fanno decisamente da padroni, a tutte le età e a tutte le latitudini: li cita il 53% degli intervistati che si dicono scettici sul mobile banking.
Questi timori però, rileva Stuart Tagg, sono per lo più infondati. “Le preoccupazioni sulla sicurezza delle operazioni da mobile hanno una natura spiccatamente emotiva. I servizi di mobile banking hanno già da tempo studiato sistemi di sicurezza per proteggere i dati finanziari dei clienti, anche se certamente la ‘minaccia hacker’ esiste. Il problema vero però è che molte persone non si sentono a proprio agio a condividere online i propri dati”. Insomma, per convincere gli investitori non basta essere costantemente all’avanguardia con gli ultimi sistemi di protezione dei dati: “è necessario anche comunicare i provvedimenti presi per garantire la sicurezza e far capire che i dati affidati ai sistemi online sono tanto al sicuro quanto possono esserlo quelli custoditi in una filiale bancaria fisica”.
In ogni caso la trasformazione è in atto e queste paure – fisiologiche in una fase iniziale – saranno presto o tardi superate: “I vantaggi sono talmente superiori ai rischi che finiranno per prevalere”, assicura Tagg.
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