I risparmiatori italiani che investono in fondi comuni sono in costante crescita, e anche il loro profilo medio sta cambiando: più donne e più fondi flessibili.
Lo abbiamo già detto in altre occasioni: tenere i propri risparmi dentro il classico maialino salvadanaio o sotto il materasso non è l’ideale, non solo perché in questo modo il denaro accumulato non matura interessi, ma anche perché negli anni rischia di essere “vittima” dell’inflazione.
Malgrado l’educazione finanziaria in Italia lasci un po’ a desiderare, pare che sempre più italiani stiano maturando una certa attenzione alla gestione dei loro risparmi e che la quota di risparmiatori che investe in fondi comuni stia tornando a crescere in modo costante dopo la lunga fase di flessione segnata tra il 2005 e il 2012.
La famiglia si allarga
Il popolo dei risparmiatori italiani è una famiglia che si allarga: parlano chiaro i dati di uno studio di Assogestioni. A fine dello scorso anno i sottoscrittori di fondi comuni italiani erano oltre 200.000 in più rispetto a fine 2015, per un totale di circa 6,6 milioni di persone. Sempre più, dunque, sono gli italiani che scelgono di affidare i loro risparmi alle SGR in vista di obiettivi a lungo termine, come la pensione integrativa.
Il trend vive un momento positivo, basti notare che la raccolta sui fondi domestici ha raggiunto, negli ultimi quattro anni, la quota di 75 miliardi di euro.
Quanto alla distribuzione del patrimonio complessivo investito in fondi, lo studio di Assogestioni rileva che ad oggi il 10% dei sottoscrittori più ricchi detiene quasi la metà del patrimonio complessivo, mentre la metà dei sottoscrittori investe più di 14.454 euro (patrimonio mediano). Infine, il valore del portafoglio medio di investimento è di 31.631 euro. Oltre ai numeri, però, negli ultimi anni sono variate anche altre caratteristiche.
Il nuovo identikit del risparmiatore italiano
È interessante dare uno sguardo al profilo più recente del risparmiatore italiano, che infatti appare cambiato. Il gender gap si rimodella tanto che oggi il 46% dei sottoscrittori è di sesso femminile, con le donne che colmano del 10% l’iniziale gap del 2002.
Vi sono, comunque, alcune conferme rispetto agli anni passati, come quelle riguardanti l’area geografica: il 65% dei risparmiatori risiede al Nord Italia, il 18% nel Centro e solo il 17% nel Sud e nelle Isole dove il valore di partecipazione resta ancora al di sotto della media nazionale.
Quanti anni ha il risparmiatore di oggi?
Purtroppo, la maggior parte dei risparmiatori non è certo tra i Millennials: a fine 2016, l’età media è di 59 anni. Dal 2002 a oggi la quota dei partecipanti tra i 26 e i 35 anni è calata dal 15% al 7%, mentre gli over 75 hanno raggiunto il 19% dal 9% di 15 anni fa. Nonostante ciò, la partecipazione dei giovanissimi, soprattutto degli under 26, sembra leggermente aumentata dal 2014.
Fondi comuni italiani, ma quali vengono scelti?
La scelta della tipologia di fondi per l’investimento del proprio risparmio ha subito decisi cambiamenti. Se nel 2002 quasi il 25% dei risparmiatori investiva prevalentemente (almeno il 70% del portafoglio) in fondi azionari, adesso la percentuale è scesa al 7%. Poco amati anche i fondi di liquidità, su cui a fine 2016 solo il 3% dei risparmiatori concentrava il proprio portafoglio.
I più gettonati, invece, sono i fondi flessibili, ovvero privi di vincoli di asset allocation, che infatti oggi rappresentano la scelta principale del 36% degli investitori, confermando per il secondo anno consecutivo il sorpasso sui fondi obbligazionari, tradizionalmente la categoria più gradita agli italiani. Il canale di distribuzione dei fondi, invece, resta principalmente quello bancario (93%), mentre per quanto riguarda la formula dell’investimento, il 70% dei risparmiatori sceglie il versamento unico (PIC), anche se negli ultimi 10 anni è raddoppiata la percentuale di chi sceglie unicamente il piano di accumulo (PAC), che oggi rappresenta il 19% delle modalità di sottoscrizione.