Il welfare europeo è in crisi: più occupati, ma più precarietà e una popolazione sempre più anziana. I nostri giovani rischiano di trovarsi in tasca una pensione notevolmente ridotta, ma le soluzioni non mancano.
Abbiamo superato i primi sei mesi del 2017 e sentiamo spesso ribadire che l’Europa si trova ormai in un periodo di lenta, ma continua, ripresa economica. Tra gli argomenti di cui si parla più frequentemente, c’è quello del mercato del lavoro e del welfare, che in Italia preoccupa abbastanza. Infatti, se è vero che, come emerge da uno studio della Commissione Europea (http://ec.europa.eu/social/main.jsp?catId=113&langId=en), l’occupazione è aumentata, altrettanto vero è che l’assistenza pensionistica rischia di essere un miraggio per le nuove generazioni.
Il report della Commissione Europea
I dati parlano di un tasso di occupazione in aumento nella zona europea, con 234,2 milioni di occupati stimati nei primi tre mesi dell’anno. Il tasso di disoccupazione, infatti, è in calo e l’ambito obiettivo di raggiungere entro il 2020 un tasso di occupazione di circa il 70% ormai sembra quantomeno raggiungibile.
Questi dati positivi, però, devono essere guardati sotto la giusta ottica: se è vero che aumentano le persone che lavorano, bisogna però constatare che molti di questi nuovi contratti sono a tempo determinato o part time, soprattutto nella fascia giovani compresa tra i 25 e i 39 anni dove il peso dei contratti a termine sul totale è il doppio rispetto alla classe 40-64 anni. In base a questo numeri il lavoro dei giovani sembra più precario.
Un altro lato della medaglia è quello dell’invecchiamento della popolazione. Il calo demografico, infatti, è una realtà con cui l’Europa fa i conti, soprattutto alcuni Paesi, come la nostra Italia dove il volto del popolo è sempre più anziano. I giovani, infatti, diminuiranno ogni anno dello 0,3%, mentre gli over 65 cresceranno dell’1% fino al 2060 e costituiranno il 65% della popolazione europea. Questo sbilanciamento è nocivo per il regolare funzionamento del sistema pensionistico, perché significa che sempre meno persone verseranno i loro contributi. In Italia, già Assoprevidenza ha suonato il campanello d’allarme: i dati Istat relativi allo scorso marzo evidenziano un saldo negativo della popolazione di 90.000 unità.
Lo stimolo a reagire
La Commissione Europea si trova adesso a dover discutere di molti argomenti di alta priorità, ma l’allarme pensioni non è da meno. Guardando ai modelli di alcuni Paesi (Svezia, Finlandia), si è pensato di aumentare l’età pensionabile, ma gli effetti di tale azione non sarebbero comunque tangibili sino al 2040. Ad essere in pericolo, infatti, sono i giovani che di questo passo avranno delle pensioni inconsistenti e notevolmente ridotte rispetto a quelle che gli anziani di oggi percepiscono.
Un altro segnale negativo per il Belpaese è stato messo in luce proprio dallo stesso presidente dell’INPS, Tito Boeri, riguardo le pensioni pagate ai cittadini italiani residenti all’estero. I versamenti pensionistici portati al di fuori del Paese ammontarebbero a circa 1 miliardo di euro, una spesa che non solo non ha alcun ritorno in consumi per l’Italia, ma che non fa altro che alleggerire di fatto la spesa dell’altro Paese.
In fin dei conti, non c’è rosa senza spine e l’Europa non può che rimboccarsi le maniche e cercare di affrontare quello che si prospetta con un vero e proprio problema sociale. D’altra parte, meno della metà degli italiani, come emerge da una ricerca BlackRock, risparmia per la propria pensione, in percentuale notevolmente ridotta rispetto alla media europea.
I singoli Paesi possono con le loro riforme cercare di venire incontro alle esigenze future di quelli che oggi sono i millennials, ma di certo parte dello stimolo deve venire dall’Unione Europea stessa, che bisogna inizi a guardare con serietà alla questione.
Verso nuove soluzioni
Eppure che lo Stato da solo non riesca più a far dormire sonni tranquilli nel futuro degli italiani, non significa che ci sia carenza di soluzioni, anzi.
Le nuove generazioni da parte loro possono decidere di fare qualcosa per sé stesse: le soluzioni complementari non mancano, basti pensare alla possibilità di investire i propri risparmi in fondi pensione o fondi comuni, per potere avere in futuro un reddito integrativo che si unisca a quello della previdenza sociale. In questo senso, il risparmio gestito viene incontro a questa esigenza di implementare la futura pensione. In che modo? Le SGR offrono opportunità di investimento tramite veri e propri fondi a obiettivo pensione, che permettono al cliente che li sottoscrive di versare periodicamente anche piccole parti dei propri risparmi. I risparmi investiti in un portafoglio, solitamente di medio-lungo periodo, permettono di ottenere una pensione integrativa con una rendita dilazionata nel tempo.
Gli strumenti di previdenza complementare esistono, dunque spetta ai lavoratori di oggi il compito di “rimboccarsi le maniche” e decidere di fare qualcosa da sé per regalarsi un futuro finanziario più stabile.