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Hanno trasformato il risparmio gestito. La domanda è stata enorme. I flussi di raccolta sono in continuo aumento. Cosa è successo? E cosa potrà accadere ora? Marco Rosati, ad di Zenit SGR spiega a OF i perché del boom dei Piani individuali di risparmio. E chiarisce anche su cosa è meglio puntare nel prossimo futuro per massimizzare in rendimenti. Ma attenzione (ancora per un po’) alle banche. Ecco perché…
Come si spiega l’enorme successo dei Piani individuali di risparmio introdotti dalla Legge di Stabilità? Come stanno performando? Quali effetti hanno avuto sui mercati e sulle piccole e medie imprese? E ancora, come costruire un portafoglio remunerativo in quest’epoca di tassi a zero? Lo spiega a OF Osservatorio Finanziario Marco Rosati, ad di Zenit SGR, che fa il punto della situazione del mercato del risparmio gestito spiegando anche cosa accadrà nel prossimo futuro, e che influenze avrà tutto questo sulle imprese a media e piccola capitalizzazione. Mentre per le banche, i rendimenti resteranno al palo ancora per lungo tempo. E molte cose cambieranno.
OF: La cosa che sorprende di più dei PIR è forse proprio il grande successo che hanno ottenuto…
Rosati: In effetti è vero. Io ero tra i più ottimisti e mi aspettavo un grande successo. Ma i numeri sono certamente stati superiori anche rispetto alle mie aspettative.
OF: Come si spiega secondo lei questo interesse?
Rosati: Di sicuro l’incentivo fiscale che sconta la tassazione del 26% è stata la motivazione a mio avviso prevalente. Va considerato poi il contesto: ci troviamo in una situazione di tassi a zero, con le obbligazioni delle banche che rendono poco e hanno creato più di qualche malumore. Inoltre la nostra economia sta crescendo e agli italiani piace l’idea di finanziare con i loro risparmi le nostre aziende. E’ chiaro che tutti questi elementi abbiano contribuito ad aumentare l’interesse verso questi nuovi prodotti di risparmio.
OF: Zenit Sgr è stata tra le prime società a lanciare i PIR. Come stanno andando?
Rosati: E’ vero, abbiamo iniziato a lavorarci fin dalle prime bozze della finanziaria. Ci abbiamo creduto perché è la prima volta in assoluto che sono stati introdotti incentivi fiscali agli investimenti. Inoltre, lo reputiamo uno strumento molto interessante per il sistema paese, perché permette di far crescere il mercato dei capitali da sempre “banco-centrico”. In realtà però noi non abbiamo introdotto prodotti completamente nuovi: abbiamo semplicemente strutturato due fondi che già avevamo.
OF: Cioè quali prodotti PIR compliant avete?
Rosati: Il primo fondo, Zenit Pianeta Italia è un azionario ed è attivo dal 1996. Anche il secondo, Zenit Obbligazionario, ha 20 anni di passato e da sempre ha investito in obbligazioni corporate emesse da aziende italiane. Diciamo che non ci siamo dovuti inventare nulla, eravamo già pronti. Li abbiamo solo adeguati ai vincoli della normativa.
OF: E come stanno performando?
Rosati: Benissimo. Il primo sta guadagnando da inizio anno oltre il 30%. Zenit obbligazionario invece ha guadagnato, sempre dall’inizio dell’anno, intorno al 5%. Ma è un risultato molto positivo, considerando l’attuale livello dei tassi di interesse e quello che è successo sui mercati obbligazionari nel 2017.
OF: Quali sono le ragioni che hanno permesso di raggiungere performance così positive?
Rosati: Pianeta Italia investe esclusivamente sulla borsa italiana e in azioni italiane. Più del 50% (quest’anno in alcuni momenti anche più del 60%) è investito in piccole e medie capitalizzazioni. E questo è un segmento del mercato che in questi mesi dell’anno, soprattutto nei primi 4, 5 mesi, ha performato in modo eccellente. Inoltre, noi non abbiamo dovuto inseguire il mercato perché avevamo un portafoglio già costruito, dunque non siamo dovuti andare alla ricerca di aziende medie e piccole sulle quali puntare. Ma abbiamo semplicemente continuato a investire i nuovi flussi di raccolta in un portafoglio già costituito.
OF: Qual è la principale differenza tra i questi due fondi in termini di rischio e rendimento?
Rosati: Sono due fondi profondamente diversi. Pianeta Italia è un fondo azionario. Il secondo, invece, è un obbligazionario misto che include una piccola quota, intorno al 10% circa, di azioni. Però il profilo di rischio e le attese di rendimento sono profondamente diverse.
OF: Cioè? Quali sono le previsioni di rendimento per il prossimo futuro?
Rosati: Sul prossimo futuro non pensiamo che i mercati possano continuare a offrire opportunità di fare questi rendimenti. Ma rimaniamo positivi. Anche perché bisogna considerare tutti gli altri effetti benefici correlati con lo sviluppo dei PIR che quindi credo incideranno anche sui futuri rendimenti.
OF: Quali fattori positivi, per esempio?
Rosati: Molte società, a seguito dell’opportunità offerta dai PIR, hanno per esempio deciso di quotarsi in borsa. Ci sono aziende di media capitalizzazione che hanno iniziato a fare ricorso al prestito obbligazionario in alternativa a quello bancario. Diciamo che i PIR hanno creato una buona domanda di investimenti, e di conseguenza anche una buona offerta di nuove aziende che si affacciano sul mercato.
OF: C’è chi dice, però, che le commissioni di questi prodotti possano annullare in un certo senso il vantaggio fiscale…
Rosati: È una critica totalmente infondata. Perché se vediamo cosa è successo finora e come si è comportata l’offerta dell’industria, i fondi PIR non hanno portato nessun extra carico commissionale. Costano esattamente come gli altri fondi. Inoltre, considerando i rendimenti, il costo è quasi insignificante.
OF: Mi può fare un esempio?
Rosati: Prendiamo il nostro azionario Pianeta Italia. Chi ha investito 30mila euro all’inizio, oggi ha una plusvalenza di 9.000 euro, quindi sta risparmiando oltre 2.000 euro di tasse. Se poi questi fondi vengono sottoscritti online le commissioni sono ulteriormente più basse perché non dobbiamo remunerare i distributori.
OF: Però questo è un caso eccezionale. In realtà i PIR sono un prodotto rischioso…
Rosati: E’ vero che investiamo il 70% nel rischio Italia. Ma per chi ha grossi patrimoni il rischio è comunque contenuto. Chi ha patrimoni più piccoli, invece, non deve investire per forza fino al limite di 30mila euro. Inoltre bisogna considerare che finora la maggior parte degli investitori che hanno scelto i PIR hanno tolto i risparmi dalle obbligazioni bancarie o dai titoli di stato. Quindi, rispetto a prima, ha enormemente diversificato.
OF: Dunque i fondi PIR sono richiesti da chi già investe in prodotti di risparmio gestito…
Rosati: Di sicuro i PIR inizialmente sono stati sottoscritti da chi aveva già prodotti di risparmio gestito. Ma possono rappresentare anche il primo passo verso il mondo del risparmio per chi ancora non ha investimenti. Diciamo che è un prodotto che può fare da apripista verso il mercato del gestito. Soprattutto di questi tempi: i mercati sono complicati e i rendimenti delle obbligazioni del passato per anni e anni non ci saranno più.
OF: Oltre ai PIR su quali altri prodotti state puntando?
Rosati: Noi siamo molto orientati in questo 2017 sull’azionario europeo, e italiano in particolare, perché vediamo una ripresa dopo molti anni di economia debole. Dall’altra parte, poi, puntiamo su alcuni temi abbastanza settoriali o tematici, come ad esempio su fondi tematici focalizzati sui mega trend che sono in atto in questo momento. Come la robotica, l’acqua e le energie rinnovabili.
OF: E per quanto riguarda le obbligazioni bancarie? Secondo lei, è effettivamente finito il ciclo negativo delle banche?
Rosati: Sì, si può ricominciare a investire sulle banche, ma non ci si possono aspettare grandi ritorni per un certo periodo di tempo.
OF: Fino a quando secondo lei le obbligazioni bancarie renderanno poco o nulla?
Rosati: Innanzitutto bisogna considerare che il sistema bancario italiano è stato ad un passo dal baratro. Oggi la situazione è parzialmente migliorata, grazie anche agli aiuti di Ue e BCE, oltre che con interventi privati e pubblici. Gli attivi delle banche si stanno un po’ alleggerendo dei famosi NPL, quindi siamo a un punto di svolta. Ma cambierà ancora molto.
OF: Cioè cambieranno le banche?
Rosati: Proprio così. Le banche in Europa e in Italia devono rivedere il loro modello di business. Anni di tassi a zero o negativi hanno influito sui i margini di interesse. Se si aggiunge che la tecnologia sta rivoluzionando i modelli organizzativi degli istituti di credito, credo sia normale che le banche stesse debbano modificare la propria missione.
OF: E cosa faranno le banche in futuro?
Rosati: Dovranno trovare e perseguire la riduzione dei costi in attività non core, come il back office, per esempio, e dall’altra parte specializzarsi. Ci sarà chi farà più banca commerciale, chi invece punterà sul capital market. In pratica, dovranno segmentarsi. Credo che centinaia di banche spariranno e che gli accorpamenti continueranno. Solo così le banche recupereranno redditività sul capitale. Ma ci vorranno alcuni anni.