Al termine dei nove mesi il Ftse Mib batte le maggiori borse con un +17% Ma i fondi top su Piazza Affari hanno reso il doppio. Grazie anche alle banche. È la riscossa della gestione attiva.
Il patrimonio dei fondi comuni sta per sfondare il muro dei 1.000 miliardi di euro di patrimonio. A fine agosto le masse di fondi sono salite a quota 972 miliardi grazie a una raccolta che marcia a ritmo sostenuto: 55 miliardi in otto mesi, il triplo rispetto ai 18,6 miliardi dello stesso periodo 2016 (dati Assogestioni). Una tendenza sostenuta anche dalle famiglie italiane, da sempre formiche, ma che oggi riescono a mettere da parte di più (anche grazie a una maggiore attenzione sui consumi). E ovviamente cercano di impiegare questo risparmio nel modo migliore.
Non sembrerebbe il caso dei titoli di Stato visto che all’asta di mercoledì 27 settembre il rendimento del Bot a sei mesi ha toccato il nuovo minimo storico (-0,38%). Secondo l’Indagine sulle scelte finanziarie degli italiani 2017 (di Centro Einaudi Intesa Sanpaolo) la propensione media al risparmio (ovvero le percentuale del reddito accantonata) è risalita all’11,8% in linea con il dato del 2001, quindi ai livelli antecedenti alla crisi dell’ultimo decennio. E il risparmio gestito è in ascesa nelle scelte di impiego. Il 10,5% degli intervistati nell’Indagine dichiara di aver investito in fondi o sicav quasi il doppio rispetto al 6% del 2016. Due i motivi più citati dalle famiglie a sostegno del nuovo interesse per i fondi: il fatto che il risparmio gestito diversifica i rischi più di quanto si possa fare da soli (55% degli intervistati) e che di questi strumenti non ci si deve più preoccupare (46%).
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Visti i tassi dei Bot, come quelli, a sei mesi appena ricordati, l’asset management sta diventando una scelta quasi obbligatoria. Ulteriore elemento a favore della gestione, a Piazza Affari le azioni stanno dando buone soddisfazioni. Al giro di boa dei nove mesi, l’indice Ftse Mib di Milano evidenzia un rialzo del 17%, che ha consentito di recuperare le perdite del 2016 (-10%).,E gestire un portafoglio di azioni è cosa diversadal comprare Btp e tenerli fino a scadenza incassandone le cedole. A maggior ragione se si considera xhe meglio dell’indice generale stanno facendo il Ftse All Share (+ 19%) e il Ftse Italy Star (+38%), che includono titoli meno liquidi rispetto a quelli del’indice principale. Ma l’occasione e ghiotta. Da gennaio a fine settembre l’Italia ha battuto sia l’Europa (+8% l’Eurostoxx 50), sia gli Usa (+13% il Dow Jones anche se in euro il rendimento si annulla) e Giappone (Nikkei +6,5%). Merito anche di una ripresa economica generale che sta trainando i conti delle società italiane le quali, nonostante la forza dell’euro, riescono ad agganciare la crescita mondiale. In Italia c’è anche il fenomeno dei Pir, che ha posto all’attenzione degli investitori le pmi quotate. Certo i Pir sono strumenti ancora da affinare, ma hanno contribuito in questa prima fase a innescare un circolo virtuoso che fa crescere il mercato italiano dei capitali. Non a caso alla fine dei nove mesi del 2017 sono proprio i fondi azionari specializzati su Piazza Affari (ci sono anche prodotti dedicati ai Pir) a spiccare per le performance, che in alcuni casi sono arrivati anche a doppiare quella del Ftse Mib e a superare della stessa misura il principale Etf sulla Borsa italiana, l’iShares Ftse Mib che nel periodo ha reso il 19%, in linea con l’indice del listino italiano. I migliori fondi hanno fatto anche meglio dell’Etf sulle azioni delle pmi di Piazza Affari, il Lyxor Ftse Italia Mid Cap, che segna il +31,7%.
È quanto emerge dalle classifiche (dati Fida) elaborate sui rendimenti messi a segno da inizio gennaio a fine settembre dai fondi collocati in Italia.
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Le grandi protagoniste di Piazza Affari nel primo semestre:
- il miglioramento della situazione economica domestica,
- la soluzione nel settore bancario delle situazioni di maggiore criticità e
- il successo della normativa dei Pir che sta portando sempre più interesse e flussi sul segmento delle pmi quotate.
Ma in scena sono tornate anche le banche, che i gestori ultimamente sono tornati a comprare.
«Lo spartiacque è stato il successo dell’aumento di capitale di Unicredit, poi anche la soluzione della crisi di Mps e delle banche venete ha contribuito a rasserenare gli animi. Ma non si può dire che il settore abbia risolto i problemi strutturali», sottolinea Marco Rosati, AD di Zenit Sgr il cui fondo Zenit Multistrategy Stock Picking (+32% a nove mesi) vede tra i principali titoli (al 31 agosto) Eni, Enel, Intesa Sanpaolo risparmio, Carrara, Unicredit, Sogefi e Telecom. Circa il 60% del fondo (che nei giorni scorsi ha ricevuto il bollino di «Pir compliant» è investito al di fuori del Ftse Mib,compreso l’Aim.
«Ultimamente abbiamo aumentato il peso dei titoli a maggior capitalizzazione, sfruttando la debolezza dell’Eni, e abbiamo inserito anche qualche banca. La posizione su Unicredit risale all’aumento di capitale, prima non c’era», racconta Rosati.
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Resta comunque sempre alta l’attenzione sulle pmi.
Per Rosati ora è arrivato il momento di essere più selettivi sulle piccole e medie aziende quotate. «Ci aspettiamo che la borsa italiana continuerà ad andare bene perché i capitali stanno arrivando, anche grazie ai Pir, ma secondo noi d’ora in poi ci sarà maggiore enfasi sullo stock picking».
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