I beni di largo consumo rientrano fra i segmenti di mercato più appealing per gli investitori di titoli obbligazionari corporate, in quanto appartengono a uno dei settori di eccellenza del made in Italy nel mondo.
[…] «Le grandi aziende da sempre utilizzano i mercati dei capitali, soprattutto per coprire esigenze aziendali di più lungo periodo, lasciando invece la copertura delle esigenze di cassa e di gestione del circolante al sistema bancario attraverso linee di credito, anticipo fatture e similari», dichiara Francesca Cerminara, responsabile bond e valute di Zenit, che ricorda che i titoli obbligazionari hanno in media scadenze che vanno dai 5 ai 10 anni.
Negli ultimi anni, però, anche le imprese di minor dimensione hanno iniziato a prendere confidenza con questo, per loro, nuovo strumento di finanziamento.
[…] «L’apertura al mondo del credito alle imprese più piccole, anche a quelle non quotate, il cui capitale è quasi totalmente in mano ai fondatori, è stata resa possibile dall’evoluzione della normativa, che per far fronte alla crisi di liquidità in cui versavano gli istituti bancari dal 2011 in avanti, ha permesso a tutte le società, escludendo solo le micro imprese (con fatturato al di sotto dei 2 milioni di euro), di chiedere risorse al mondo finanziario attraverso l’emissione di obbligazioni», prosegue Cerminara che, citando uno studio di Banca d’Italia, ricorda che le emissioni delle imprese italiane non bancarie sono passate complessivamente da 46 miliardi nel 2014 a 52 miliardi nel 2015, senza però che le imprese aumentassero il loro grado di leva finanziaria, che in media è già al 40%: più elevata, quindi, rispetto agli altri Paesi europei, come per esempio Francia e Uk dov’è circa il 36%. «Le nuove emissioni di debito sono andate quindi a rifinanziare i debiti in scadenza e di norma a tassi decisamente inferiori, vista la generalizzata riduzione dei tassi di interesse a cui stiamo assistendo da qualche anno, dinamica che creerà un circolo virtuoso nella redditività aziendale, gravata da minori oneri finanziari», puntualizza Cerminara. Questo, per esempio, il caso di Ivs Group, che a fine 2015 ha emesso un nuovo bond, scadenza 2022, con cedola 4,50%, per rifinanziare una precedente obbligazione, che aveva una cedola superiore al 7%, ottimizzando così il costo del debito. Ma la riscadenziazione del debito è solo una delle motivazioni. Tra le altre finalità si devono infatti citare i piani di espansione e sviluppo commerciale, la crescita per linee interne, come l’apertura di filiali, o la crescita per linee esterne, come fusioni e acquisizioni. Tra i grandi prestiti obbligazionari del settore dei beni di largo consumo, oltre al bond di Ivs Group, merita ricordare altre tre obbligazioni di società quotate a Piazza Affari: Campari (beverage), Amplifon (prodotti per la cura della persona) e Luxottica (occhiali). «Si tratta di gruppi di aziende che vantano una solidità patrimoniale e finanziaria elevata e che, grazie alla loro dimensione e alla partecipazione alle dinamiche di crescita mondiale, pagano un accesso al credito finanziario (attraverso il pagamento di cedole più basse, ndr), molto minore rispetto alle aziende più piccole», dichiara Cerminara.
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