Tra le asset class scelte dal fondo Pensaci Oggi c’è l’azionario emergente. È il caso di dare un’occhiata più da vicino a questa interessante classe di attivi.
L’indice emblematico dell’investimento in azioni dei Paesi Emergenti è l’MSCI Emerging Markets: rappresenta le Borse di 23 Paesi ed è composto da circa 830 azioni. L’indice ha corso parecchio nel 2016, dato che, nonostante il ritracciamento sul finire dell’anno, ha archiviato i 12 mesi con un bel +8,6%, ottenendo una performance migliore dell’indice più rappresentativo dell’investimento azionario nei Paesi Sviluppati, cioè l’MSCI World.
La tabella seguente illustra i Paesi con il “peso specifico” più rilevante all’interno dell’indice MSCI Emerging Markets.
Uno sguardo al passato
Le Borse emergenti hanno segnato il massimo storico nell’ormai lontano 2007. Poi, la crisi dei mutui subprime e il crollo dei prezzi petroliferi hanno provocato un violento ribasso: se il 2016 è terminato in territorio ampiamente positivo, grazie soprattutto alla ripresa dei prezzi delle materie prime e alla tenuta dell’economia cinese, va ricordato però che i tre anni precedenti (dal 2013 al 2015) si erano chiusi con una secca perdita.
Andando più indietro nel tempo, la performance (inclusiva dei dividendi) dall’avvio dell’indice nel 1987 è stata del 7,7% medio annuo, superiore a quella dell’indice dei Paesi Sviluppati, pari al 5,2% medio annuo. Questa differenza nel lungo periodo, un vero e proprio premio al rischio, ha una giustificazione economica: è normale che Paesi con maggiori prospettive di crescita economica, sociale e demografica, e anche qualche rischio in più, abbiano Borse che corrono maggiormente, proprio per remunerare le differenti prospettive dell’investimento.
Quali sono le prospettive oggi?
Oggi i rischi non mancano di certo, ed è importante esserne consapevoli. Tanto per cominciare, nel breve periodo, la ventata reflazionistica partita negli Stati Uniti e alimentata dal programma del neo presidente USA Donald Trump potrebbe contribuire a rafforzare ulteriormente il dollaro. Questa dinamica, unita al processo di rialzo dei tassi di interesse da parte della Fed, potrebbe pesare sulle economie emergenti.
Il dollaro forte e i tassi di interesse sempre più alti potrebbero rendere più oneroso ripagare i prestiti per i Paesi molto indebitati in valuta estera. Inoltre la virata neoprotezionistica di Trump, se messa in atto, rischia di danneggiare alcuni Paesi esportatori, Cina e Messico in primis, senza contare che le sue politiche sono di per sé inflazionistiche, quindi alimentano il circolo vizioso.
Attualmente comunque le valutazioni di questa asset class sono estremamente interessanti – inferiori alla loro media storica e decisamente a sconto rispetto ai Paesi Sviluppati. Dunque, al netto dei rischi citati, il trend positivo dei mercati potrebbe proseguire, grazie anche a una stabilizzazione delle economie emergenti e a un miglioramento degli utili societari.
Adottando un’ottica di più lungo termine, quella che ci piace maggiormente per Pensaci Oggi, possiamo dire che i Paesi Emergenti incarnano diversi “Megatrend” cioè quei grandi mutamenti sociali, tecnologici, economici, politici, naturali che durano per decenni. Infatti, i Paesi Emergenti dovrebbero beneficiare della crescita della classe media e del reddito pro-capite, che dovrebbero stimolare i consumi e gli investimenti associati alla spesa in beni e servizi legati a salute, benessere e tempo libero, nonché alle infrastrutture.
Nei mercati emergenti vediamo diverse società ben posizionate per beneficiare dei cambiamenti strutturali in atto, dai trend demografici positivi a una sempre maggiore penetrazione di beni e servizi. Non va dimenticato poi che molti investitori continuano ad essere poco esposti al mondo emergente, e che c’è quindi ampio spazio per nuovi flussi di capitali.
Quali mercati emergenti?
Va detto che parlare di mercati emergenti in aggregato ha senso fino a un certo punto, perché all’interno di questa definizione sono compresi Paesi molto diversi tra loro. Guardando più da vicino ai singoli mercati, spicca l’andamento della Borsa brasiliana, che pesa per circa il 7,7% del totale: l’indice Ibovespa è il migliore al mondo da inizio 2017, con un guadagno del 12% espresso in dollari, e ha rivisto livelli che non toccava dal 2012.
Messico e Cina sono i più esposti alle politiche neo protezionistiche di Trump, mentre Corea e Taiwan sembrano ben posizionati per il 2017. La Turchia invece, è esposta al possibile aumento dei tassi d’interesse USA ed è troppo dipendente dai capitali esteri.
Per concludere, riteniamo che l’azionario emergente offra opportunità di guadagno interessanti, con le dovute cautele, soprattutto per un investitore con un’ottica di lungo termine, che non si spaventi dall’eventuale volatilità di breve periodo. Le incognite non mancano e continueremo a monitorare la situazione per valutare eventuali cambiamenti di rotta, qualora si rendessero necessari.
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