Marzo 2017: un alone di incertezza avvolge i pronostici per le elezioni presidenziali francesi — Marine Le Pen guida la corsa, secondo i sondaggi, ma è incalzata dall’outsider Emmanuel Macron, fuoriuscito dal Partito Socialista, che si presenta alla testa di una propria formazione, ‘En Marche!’, con un programma centrista e convintamente europeista. Stando alle previsioni, complice il meccanismo elettorale francese in due turni, Macron dovrebbe imporsi facilmente su Le Pen, ma le recenti sorprese della vittoria di Trump e della Brexit hanno lasciato il dubbio che i sondaggi possano sbagliare un po’ troppo spesso. D’altra parte, è vero che le elezioni politiche olandesi e le regionali tedesche hanno visto una battuta d’arresto dei partiti euro-scettici, ma negli Stati Uniti Trump, nonostante i passi falsi commessi dall’inizio del mandato, ha in qualche misura accresciuto il proprio indice di gradimento, in Gran Bretagna il primo ministro May ha incassato il voto favorevole del Parlamento e si prepara a dare il via alla richiesta ufficiale di separazione dall’Unione Europea, mentre in Germania, la cancelliera Merkel perde nei sondaggi a favore nel nuovo candidato del Partito Socialdemocratico, Schulz. Insomma, il terremoto politico dell’Unione Europea sembra lì, a due passi.
Maggio 2017: l’indice di gradimento di Trump precipita, tra presunti insabbiamenti, possibili divulgazioni di notizie riservate e anomale rimozioni, trascinando con sé il dollaro, mentre qualcuno inizia a evocare il Watergate. Theresa May ha chiesto e ottenuto le elezioni anticipate, presentendo che i negoziati per l’uscita dall’Unione potrebbero essere più difficili del previsto e alla scadenza naturale della legislatura molto dell’entusiasmo per la Brexit potrebbe essere svanito. In Germania, i Cristiano-Democratici vincono per la prima volta le elezioni del Land più popoloso, il Nord Reno-Westfalia, mentre evapora nei sondaggi la rimonta di Schulz su Merkel e la cancelliera si avvia a vincere per la quarta volta consecutiva le elezioni tedesche, record che le consentirebbe di superare per durata l’incarico non solo del suo mentore Kohl, ma anche dello storico cancelliere Adenauer, uno dei padri fondatori dell’Unione Europea. Intanto, confermando in pieno i sondaggi, Macron vince le presidenziali francesi su Le Pen ed entusiasma gli europeisti: per la prima volta dalla crisi della moneta unica un leader vince senza giocare “in difesa”, ma anzi rivendicando convintamente le ragioni dell’Unione. Nello stesso tempo, la sconfitta lepenista evidenzia che il bacino euro-scettico assomma a un 30%-35% dell’elettorato: una minoranza importante con cui sarà necessario fare i conti, ma pur sempre una minoranza. Nel breve volgere di due mesi, lo scenario è completamente mutato e già si parla di nuovo asse franco-tedesco in grado di assumere la leadership europea e puntare a un rilancio del progetto dell’Unione.
Certo, lo scenario è tuttora passibile di nuovi mutamenti. Innanzitutto, bisognerà attendere settembre per scoprire se Angela Merkel riuscirà a farsi incoronare per la quarta volta cancelliere di Germania e mantenere quel ruolo di regina d’Europa che ormai anche gli avversari le riconoscono. Dal canto suo Macron dovrà affrontare le elezioni legislative a giugno per garantirsi una maggioranza parlamentare: appuntamento insidioso perché affrontato con un partito completamente nuovo che cercherà di scalzare le formazioni tradizionali collocandosi al centro dello schieramento politico. Tuttavia, i primi passi verso un rafforzamento dell’asse franco-tedesco rispetto all’era Holland si sono già visti nel corso del primo incontro tra Merkel e Macron: convergenza dei due leader su diverse tematiche, dalle riforme agli investimenti, dal commercio con i paesi extra-UE al delicato tema dell’immigrazione, fino all’apertura nei confronti di “possibili cambiamenti ai trattati” per ridare slancio all’Unione, un tema finora tabù sia a Berlino, sia a Parigi.
Le difficoltà che sta incontrando l’Amministrazione Trump e il clima di ottimismo che invece si respira attorno all’elezione di Macron e alle possibilità di rilancio del progetto europeo si riflettono anche sull’andamento dei mercati finanziari. Un indicatore interessante è — ad esempio — il cambio euro-dollaro, che nei giorni scorsi ha rotto la barriera di 1,10 a favore della moneta europea, la stessa soglia che in direzione opposta aveva superato a novembre dell’anno scorso, dopo la vittoria del presidente statunitense. Peraltro, anche i movimenti dei mercati azionari e la volatilità relativa sembrano indicare un rinnovato interesse ed entusiasmo degli investitori verso lo scenario europeo, dopo l’effetto-Trump che ha premiato il mercato americano nei mesi scorsi.
E l’Italia, dove si colloca in questo rinnovato scenario europeo? Dopo la parziale bocciatura della legge elettorale del 2015 (“Italicum”) da parte della Corte Costituzionale, la redazione di una nuova normativa che tenga conto del sostanziale tripolarismo nel quale è evoluto il panorama politico nazionale appare indifferibile. Tuttavia, non sarà facile elaborare un sistema che assicuri un giusto equilibrio tra governabilità e rappresentanza e che riesca ad ottenere una sufficiente maggioranza, soprattutto al Senato. Il rischio, tuttavia, è che in assenza di un accordo o con un intesa al ribasso si vada al voto con un sistema “troppo” proporzionale, che all’indomani delle elezioni renderà difficile la formazione di una coesa maggioranza di governo. Un rischio grande per il nostro paese se effettivamente l’asse Merkel-Macron avrà successo. Tra ipotesi di “Europa a due velocità” e inviti a “proseguire sul percorso di riforme” dopo essersi “riposati per un bel pezzo sugli allori”, i nostri partner comunitari non sembrano propensi a concedere grandi sconti. D’altra parte, come ha recentemente chiosato il ministro tedesco delle Finanze Schäuble solleticando la fede calcistica degli Italiani, “la predominanza delle squadre spagnole in Champions League non può certo essere risolta indebolendo il Real Madrid. È la Juventus che si è rafforzata”.