Da un recente sondaggio curato da Prometeia e Ipsos, che monitora il rapporto degli italiani con le loro ricchezze, risulta che la tendenza a “parcheggiare” la liquidità sul conto corrente sia in crescita.
In momenti, come quello attuale, di forte incertezza, questo comportamento è certamente più che comprensibile, ma decidere invece di investire, magari partendo con piccole somme da versare a intervalli regolari nel tempo, rappresenta indubbiamente un’opzione più vantaggiosa.
Lasciare il denaro non investito significa infatti “non farlo lavorare”.
Ovvero significa non beneficiare delle opportunità offerte dai mercati finanziari (sì, anche nelle fasi di ribasso delle borse si creano condizioni interessanti grazie alla possibilità di acquistare titoli finanziari a prezzi più convenienti) e, contemporaneamente, permettere che il patrimonio si sgretoli a causa dell’effetto dell’inflazione.
L’inflazione consiste in quel fenomeno che produce un aumento generalizzato dei prezzi, che si traduce nel fatto concreto che con un’unità di moneta si può acquistare una minore quantità di beni e di servizi rispetto a prima. In altre parole, con l’inflazione il valore reale dell’unità di moneta è inferiore al passato e quindi i risparmi che riteniamo al sicuro fermi in banca vengono erosi.
In sostanza, chi detiene molta liquidità subisce una “doppia perdita”.
Senza considerare il fatto che è più facile non andare a intaccare le somme se queste sono investite in un piano a lungo termine piuttosto che se sono depositate sul conto corrente.
Inoltre, in questo periodo particolarmente difficile per il nostro Paese a causa dell’emergenza sanitaria in atto, investire in strumenti che puntano sulle PMI del nostro territorio (come i PIR di Zenit SGR, sottoscrivibili anche online senza bisogno di uscire di casa) rappresenta anche un modo per contribuire alla ripartenza dell’Italia, utilizzando un canale in grado di far confluire risorse finanziarie verso quelle eccellenze imprenditoriali che rappresentano il fulcro del nostro tessuto economico.
E che oggi necessitano, più che mai, di forme di finanziamento alternative a quelle bancarie!