Pac: dopo il rally dei mercati tornano in auge i piani che permettono di entrare in azione a piccoli passi
Tra i propositi per il nuovo anno ci può (e ci dovrebbe) essere anche quello di investire al meglio i propri risparmi. Il buon 2017 di Piazza Affari e la ripresa economica sembrano dare materiale e fiducia ai risparmiatori per investire, ma spesso manca la possibilità, oltre all’audacia, per esporsi sul mercato in una sola volta con gran parte dei propri risparmi. Una soluzione possibile sono i Piani di accumulo capitale (Pac), soluzioni di investimento proposte dalla maggior parte di banche e Sgr, che permettono di investire un a cifra ogni mese, o altro periodo di tempo, in fondi comuni d’investimento per alcuni anni, tutto secondo le modalità scelte dai risparmiatori. Il classico principio della formichina applicato al risparmio gestito. Quasi tutte le Sgr italiane e non propongono sui loro siti non so le informazioni riguardanti un’offerta, ma anche strumenti di simulazione in grado di dare un’idea di quelli che potrebbero essere i risultati di anni e anni di paziente, per quanto modesto, accumulo. […]
Se si guarda più da vicino alle potenzialità di questo metodo di investimento, diventa evidente come i piccoli investimenti periodici dei Pac permettano di estrarre maggior rendimento e diminuire i rischi in mercati caratterizzati da una crescita non costante e da molta volatilità. Un contesto simile a quello vissuto dalla borsa di Milano negli ultimi otto anni. In particolare il sistema di mediazione dei prezzi che caratterizza i Pac permette di approfittare delle correzioni momentanee del mercato acquistando più quote allo stesso costo, sfruttando i prezzi più bassi. «Le nostre simulazioni sull’azionario italiano hanno mostrato che l’investimento attraverso una formula Pac rispetto all’investimento in un’unica soluzione riducono dall’8 al 5% la deviazione standard del rendimento medio annuo composto» spiega il risk manager di Zenit Marco Bonifacio, «in altre paro e, si limitano i guadagni, ma anche le perdite derivanti da una scelta sbagliata del momento di ingresso sul mercato».
In un mercato invece con una chiara tendenza positiva, come Wall Street o il mercato obbligazionario mondiale degli ultimi dieci anni, il sistema Pac tende a ottenere rendimenti in proporzione meno soddisfacenti. I Piani di accumulo permettono un alto livello di personalizzazione, in base alle caratteristiche dell’offerta di fondi della Sgr e alle esigenze del risparmiatore. Oltre a frequenza, durata e ammontare dei versamenti, si possono combinare fondi obbligazionari e azionari diversi per raggiungere un profilo di rischio ideale. Un esempio è quello di Zenit Sgr, come spiega il Bonifacio: «I nostri Pac prevedono una durata compresa tra 3 e 30 anni, una periodicità mensile, trimestrale o semestrale e un importo minimo di versamento per ciascuna rata pari a 50 euro nel caso di periodicità mensile».[…]
Non si può però parlare di piani di investimenti oggi in Italia senza accennare ai Pir, protagonisti del 2017 grazie alla loro promessa di vantaggi fiscali e candidati a ripetere il successo nel 2018 appena iniziato. La natura prevalentemente azionaria dei prodotti Pir disponibili sembrerebbe ben accordarsi con la struttura dei piani di accumulo, che con il loro investimento progressivo permettono di stemperare sul lungo periodo parte della volatilità tipica dell’equity.
PIR e PAC
Secondo i professionisti, ci sono però altri vantaggi dall’incontro di questi due strumenti. «La logica dell’investimento in strumenti Pir, attraverso il tetto annuale ai versamenti consentiti e il periodo di detenzione minima, sembra andare in direzione di una gradualità dell’ingresso sui mercati finanziari che sottende anche la formula Pac per l’investimento in fondi comuni», spiega Bonifacio di Zenit, «è un modo assolutamente corretto di agire, in particolare per i fondi con profilo più rischioso e per gli investitori che vogliano in qualche misura attenuare il rischio». […]
La soluzione migliore potrebbe essere rappresentata da un uso di entrambi gli strumenti. Secondo Bonifacio di Zenit, infatti «laddove è possibile, integrare i due strumenti affiancandoli potrebbe consentire al risparmiatore una gestione più efficiente dei propri investimenti e dei flussi di liquidità».
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