Entrati ormai nell’ultimo scorcio del 2017, è possibile tentare un primo bilancio dell’introduzione dei prodotti PIR all’interno del panorama finanziario italiano. Abbiamo in precedenza sommariamente analizzato pro e contro di questi strumenti, per l’investitore, per le imprese e per il sistema economico italiano. Poi ci eravamo chiesti se la liquidità proveniente dalla raccolta del risparmio, concentrata su un numero abbastanza ristretto di titoli a piccola e media capitalizzazione, non rischiasse di oscurarne le valutazioni, generando una “bolla”, e avevamo identificato nella necessità di un nuovo equilibrio tra domanda e offerta la chiave del successo a lungo termine dei PIR.
Benché sia un po’ presto per trarre conclusioni definitive, la ricerca di un equilibrio tra domanda e offerta di capitali è sulla buona strada? Partiamo dall’offerta: la raccolta dei prodotti PIR è proseguita in questi mesi a spron battuto. Stando ai dati Assogestioni, nel secondo trimestre la raccolta sui fondi comuni PIR-compliant è ammontata a oltre 4 miliardi di euro, che si sommano al miliardo raccolto nel mese precedente, per un totale che supera i 5 miliardi di euro, suddivisi su 44 prodotti. Intanto, la qualifica PIR si va estendendo anche al di fuori dei fondi comuni, con la nascita di ETF, polizze vita e altri strumenti di risparmio gestito e amministrato dedicati a questo segmento di mercato.
Passando alla domanda di capitali, avevamo identificato il mercato AIM come un indice a potenziale “surriscaldamento”, dovuto alla liquidità in ingresso su un segmento a bassa capitalizzazione. Pertanto, è interessante notare che da inizio anno ad oggi, ben 16 nuove aziende si sono quotate sul mercato alternativo di Borsa Italiana e, in particolare, tra luglio e agosto si sono registrati ingressi “pesanti” in termini di capitalizzazione dell’indice, con la quotazione di EPS Equita (attualmente il terzo titolo dell’indice), Sprintitaly (quarto titolo), Glenalta, SIT Group e Capital for Progress 2 (rispettivamente, settimo, ottavo e nono titolo dell’indice). Non è un caso che proprio nei mesi estivi l’indice AIM abbia rallentato la sua crescita, potendo assorbire con maggiore facilità l’offerta di capitali disponibile, come testimonia il rapido aumento del divisore dell’indice, ossia del rapporto tra la capitalizzazione e il prezzo.
In conclusione, ad una prima analisi si può affermare di aver assistito in questi mesi all’innesco di un circolo virtuoso per il mercato dei capitali italiano e per l’economia del paese, grazie ad una crescita della domanda e dell’offerta favorita dalla normativa fiscale. Tuttavia, è presto per cantare vittoria: molto starà nell’effettiva lungimiranza degli investitori e nell’adozione di un’ottica a lungo termine anche di fronte ad un’eventuale correzione del mercato; il circolo virtuoso potrebbe facilmente tramutarsi in vizioso nel caso di una fuga dei risparmiatori che inasprirebbe i ribassi e causerebbe una speculare fuga delle aziende dal listino.
Prezzo e divisore dell’indice AIM — Elaborazione su dati Bloomberg